martedì 27 settembre 2011

Inshallah

Sono passati ormai due mesi dal mio ritorno in Italia. Che dire... Di certo non è tutto come avevo immaginato, questa sorta di amore e odio viscerale verso la Turchia si è decisamente spostato in direzione a dir poco romantico-nostalgica. Tutto quello in cui credevo e per cui mi sono adoperato durante il mio soggiorno turco oramai non esiste più, ma tante altre possibilità si sono aperte e la voglia di andare altrove ormai regna sovrana. Ci sono tante cose della Turchia che porterò sempre con me, una su tutte i profumi di Istanbul. Quel meraviglioso odore di narghilè alla mela che sprigionava la Madrasa di Sultanahmet, il sorriso dei pescatori sul ponte di Galata, gli anziani che giocano a tavla sorseggiando thè per le strade, quella genuinità nei rapporti umani che ormai difficilmente riesco a vedere qui da noi. Mi mancheranno tante cose di Istanbul, tante di queste sono colori, come quelli dei veli delle donne che camminano per strada, altri sono sapori, come quello indimenticabile del salep o della baklava, altri ancora sono odori, come quelli delle spezie nei mercati sotto casa o degli simit caldi la mattina presto. Ma la maggior parte dei miei sentimenti son legati ai ricordi, e a quelli, a quelli non si può porre rimedio. Che arrivino impetuosi come scariche d'adrenalina o subentrino pian piano per colpa di un gesto, una parola o una foto, non conta, sono quelle senzazioni che ti faranno sempre sorridere e piangere allo stesso tempo. Se dovessi riassumere i miei sei mesi in un immagine sarebbe quella che sta qui sopra, io al centro di un incrocio, fermo, immobile, mentre osservo lo scorrere intorno a me di fiumi di persone, atteggiamenti che per loro sono quotidianità, ma per me sono magia, sono lacrime sono colori su un tappeto scolorito dal tempo che se volesse potrebbe volare, ma non lo fa, tutto quello di cui ha bisogno è là, al centro di un incrocio mentre osserva il mondo passargli davanti in silenzio.