martedì 3 aprile 2012

Sheldi, istruzioni per l’uso.

Premesso che andare alla mensa del Vivaldi con i bambini resta sempre la mia attività preferita qui a Shkodër, mi rendo conto che scrivere sempre e solo dei bambini a lungo andare potrebbe diventare un po’ noioso. Detto questo vorrei parlare di un luogo che ho visitato e che credo tutti dovrebbero vedere almeno una volta nella vita. La visita è stata fatta in vista del campo estivo di volontariato “Terre e Libertà”, una missione di fattibilità insomma.
Sheldi è un villaggio di poche anime inerpicato tra le montagne, circondato da un bellissimo lago azzurro e costruito in una zona quasi completamente rocciosa. Il panorama che si gode dalle sue alture è di quelli che tolgono il fiato, di quelli in cui vorresti per sempre star seduto su una roccia a scrutare l’orizzonte e le montagne innevate, scordandoti del tempo, delle futili cose che hai lasciato in sospeso e lasciandoti scorrere addosso tutte le stagioni senza per questo mai annoiarti. L’unico desiderio sarebbe solo stare ancora a guardare quello spettacolo della natura senza dire niente, nessuna parola potrebbe aggiungere qualcosa a quello che i tuoi occhi stanno guardando.
Nonostante la mia palese dichiarazione d’amore, il panorama è solo uno degli elementi secondari che mi hanno colpito di Sheldi. Il villaggio è composto da vari quartieri suddivisi tra diverse colline in base alla disponibilità di terre coltivabili. Le strade non sono asfaltate, non esiste un’illuminazione pubblica, non esiste l’acqua corrente, non ci sono negozi, bar, farmacie, Apple store, Mc donalds, ristoranti vegani, ristoranti cinesi, e altri beni che da noi molte persone ritengono ormai necessari. Altresì nel villaggio non è possibile trovare: sushi, pasta pronta precotta (tipo 4 salti in padella findus), ketchup, ostriche, dentifricio Acquafresh con tre colori diversi che tu non capisci mai come facciano a non uscire mischiati, Amuchina per l’igiene delle mani, bicarbonato e altri beni di prima necessità come quelli precedentemente elencati.  Lo dico nell’eventualità che qualcuno una volta arrivato sul campo possa dire “nessuno mi aveva detto che in questo paese sperduto era così difficile trovare delle bistecche di soia! Averlo saputo ne avrei portato un po’ anche per questi poveri bambini del villaggio!”. Ora che mi sono preventivamente salvaguardato da questi pericoli nessuno potrà più dire non ero stato avvertito, e io posso continuare nella descrizione del villaggio.
Appena arrivato la mia attenzione è attirata da una moto in lontananza che per la velocità sostenuta crea una grande nuvola di polvere. Giunta vicino a me la moto rallenta, alla guida c’è un bambino di dieci anni circa, stivali di gomma e camicia a quadri, nel sedile posteriore seduta di lato c’è quella che sembra essere la nonna, sulla settantina, tratti marcati, abito nero e fazzoletto bianco in testa. Con lo sguardo perso nel vuoto la donna non sembra essere troppo preoccupata della tenera età del guidatore né del fatto che per salirci l’esperto pilota deve utilizzare una qualche forma di scaletta.
Entrati nel paese sulla destra si nota un edificio di due stanze una di fianco all’altra, è la scuola, anche se a vederla non si direbbe. Nelle due aule i bambini di diversi anni seguono le stesse lezioni, la “scuola” è l’unico edificio dello stato sul territorio di sheldi.
A guardar bene il villaggio, almeno ai fini agricoli, non mi sembra così terribile, il lago è vicino e non ci dovrebbero essere problemi di mancanza d’acqua. Sbagliato. In estate le piccole riserve idriche finiscono e gli abitanti del villaggio sono obbligati, spesso a dorso di mulo, ad andare a prendere dell’acqua fino al lago o ai villaggi limitrofi, che a guardarli non sembrano poi così lontani, ma la mia prospettiva nella misura delle distanze sembra alquanto sfasata. Sto attraversando il villaggio con un fuoristrada, in borsa ho la mia bottiglietta d’acqua e i miei abiti sono lindi. Si, la mia valutazione delle distanze è decisamente distorta. Io ho sempre tirato una levetta e l’acqua è sempre uscita magicamente da un tubo senza fare troppe storie. Non mi ero mai interrogato sul come potesse essere non avere l’acqua corrente, non avevo mai pensato a come sarebbe stato se la mattina appena svegliato per lavarmi la faccia avessi dovuto fare dei chilometri.
Talvolta la felicità di un uomo si può misurare anche in levette.