Premesso che andare alla mensa del Vivaldi con i bambini resta sempre
la mia attività preferita qui a Shkodër,
mi rendo conto che scrivere sempre e solo dei bambini a lungo andare potrebbe
diventare un po’ noioso. Detto questo vorrei parlare di un luogo che ho
visitato e che credo tutti dovrebbero vedere almeno una volta nella vita. La
visita è stata fatta in vista del campo estivo di volontariato “Terre e Libertà”,
una missione di fattibilità insomma.
Sheldi è un villaggio di poche anime inerpicato tra le montagne, circondato
da un bellissimo lago azzurro e costruito in una zona quasi completamente
rocciosa. Il panorama che si gode dalle sue alture è di quelli che tolgono il
fiato, di quelli in cui vorresti per sempre star seduto su una roccia a
scrutare l’orizzonte e le montagne innevate, scordandoti del tempo, delle
futili cose che hai lasciato in sospeso e lasciandoti scorrere addosso tutte le
stagioni senza per questo mai annoiarti. L’unico desiderio sarebbe solo stare
ancora a guardare quello spettacolo della natura senza dire niente, nessuna
parola potrebbe aggiungere qualcosa a quello che i tuoi occhi stanno guardando.
Nonostante la mia palese dichiarazione d’amore, il panorama è solo uno
degli elementi secondari che mi hanno colpito di Sheldi. Il villaggio è
composto da vari quartieri suddivisi tra diverse colline in base alla
disponibilità di terre coltivabili. Le strade non sono asfaltate, non esiste
un’illuminazione pubblica, non esiste l’acqua corrente, non ci sono negozi,
bar, farmacie, Apple store, Mc donalds, ristoranti vegani, ristoranti cinesi, e
altri beni che da noi molte persone ritengono ormai necessari. Altresì nel
villaggio non è possibile trovare: sushi, pasta pronta precotta (tipo 4 salti
in padella findus), ketchup, ostriche, dentifricio Acquafresh con tre colori
diversi che tu non capisci mai come facciano a non uscire mischiati, Amuchina
per l’igiene delle mani, bicarbonato e altri beni di prima necessità come quelli
precedentemente elencati. Lo dico nell’eventualità
che qualcuno una volta arrivato sul campo possa dire “nessuno mi aveva detto
che in questo paese sperduto era così difficile trovare delle bistecche di
soia! Averlo saputo ne avrei portato un po’ anche per questi poveri bambini del
villaggio!”. Ora che mi sono preventivamente salvaguardato da questi pericoli nessuno
potrà più dire non ero stato avvertito, e io posso continuare nella descrizione
del villaggio.
Appena arrivato la mia attenzione è attirata da una moto in lontananza
che per la velocità sostenuta crea una grande nuvola di polvere. Giunta vicino
a me la moto rallenta, alla guida c’è un bambino di dieci anni circa, stivali
di gomma e camicia a quadri, nel sedile posteriore seduta di lato c’è quella
che sembra essere la nonna, sulla settantina, tratti marcati, abito nero e fazzoletto
bianco in testa. Con lo sguardo perso nel vuoto la donna non sembra essere
troppo preoccupata della tenera età del guidatore né del fatto che per salirci l’esperto
pilota deve utilizzare una qualche forma di scaletta.
Entrati nel paese sulla destra si nota un edificio di due stanze una
di fianco all’altra, è la scuola, anche se a vederla non si direbbe. Nelle due
aule i bambini di diversi anni seguono le stesse lezioni, la “scuola” è l’unico
edificio dello stato sul territorio di sheldi.
A guardar bene il villaggio, almeno ai fini agricoli, non mi sembra
così terribile, il lago è vicino e non ci dovrebbero essere problemi di
mancanza d’acqua. Sbagliato. In estate le piccole riserve idriche finiscono e
gli abitanti del villaggio sono obbligati, spesso a dorso di mulo, ad andare a
prendere dell’acqua fino al lago o ai villaggi limitrofi, che a guardarli non
sembrano poi così lontani, ma la mia prospettiva nella misura delle distanze
sembra alquanto sfasata. Sto attraversando il villaggio con un fuoristrada, in
borsa ho la mia bottiglietta d’acqua e i miei abiti sono lindi. Si, la mia
valutazione delle distanze è decisamente distorta. Io ho sempre tirato una
levetta e l’acqua è sempre uscita magicamente da un tubo senza fare troppe
storie. Non mi ero mai interrogato sul come potesse essere non avere l’acqua
corrente, non avevo mai pensato a come sarebbe stato se la mattina appena
svegliato per lavarmi la faccia avessi dovuto fare dei chilometri.
Talvolta la
felicità di un uomo si può misurare anche in levette.