martedì 26 marzo 2013

Tristezza Market


Università Commerciale Luigi Bocconi, Scuola di Direzione Aziendale, corso di Marketing.
La docente è là che parla di negozi di moda dove in vetrina ci sono le persone nude, che è una figata perché è copartecipativo, perché tu puoi con un concorso un giorno finire in vetrina o addirittura fare il selezionatore! Un posto dove in realtà non si vende abbigliamento, si vendono persone. Lei ci racconta di questo Abercrombie, parla di questo Abercrombie ma io non ascolto, io penso alle montagne albanesi, penso ai miei discorsi con i pastori fatti tra un pezzo di formaggio ed un bicchiere di raki.
Lei parla dei bellissimi pannolini con il disegno dei cartoni animati e io penso ai bambini dei nostri campi estivi, penso ai bambini della mensa del Vivaldi, ai loro sorrisi, al loro chiamarmi Xhaxhi, ai loro abbracci. Penso a quando in mensa io sono diventato Nikolin e Nikolin è diventato Roberto, lui era Roberto a tutti i costi, anche quando era scomodo, anche quando la responsabile faceva l’appello e Nikolin non rispondeva, per quelle 2 ore lui era Roberto e non c’era responsabile che tenesse. Quella complicità è stata per me tra le soddisfazioni più grandi della mia vita.
La docente parla della cosa fighissima che fa la fitness, ossia un sistema partecipativo dove i clienti stessi possono scegliere la pubblicità che il mese successivo la fitness farà in TV, e io penso ancora e solo ai miei amici albanesi, alle nostre “colazioni” al bar, alla volta che siamo andati dal nonno partigiano di Tony che trattenendo le lacrime ci ha raccontato della sua gioventù e della brigata Antonio Gramsci.
La lezione finisce e salgo in metro, nessuno parla con nessuno, tutti sono nervosissimi e corrono come formichine da un posto all’altro anche quando non c’è nessun motivo razionale per fare le cose così di fretta. Guardo loro e ancora una volta penso ai miei interminabili viaggi di ore ed ore sul furgon, seduto affianco all’autista che per tutto il viaggio mi racconta di lui, della sua famiglia, di quella volta che andò in Italia e fece tutto d’un fiato Bari - Venezia senza mai fermarsi. Penso a quell’autista e ripenso alla metro di Milano, e continuo ossessivamente a ripetermi, è questo il progresso? Se questo è il progresso allora possiamo chiamarlo tristezza.
Per domani ho un biglietto aereo Milano – Tirana, ma io non parto per nessun posto, come dice qualcuno, io non sono mai andato via.